di Nicolò Pisanu, psicologo e preside dell’Istituto universitario “Progetto Uomo”
Riprendendo il discorso iniziato col mio primo intervento e sempre rifacendomi alla petizione ”Via la bocciatura dalla scuola primaria!”, vado alla “Bocciatura dei voti in decimi” che, pare, demolisca l’autostima.
Effettivamente noto che oggi i bambini (ma anche gli studenti universitari) presentano in molti casi insicurezza e bassa autostima e, ad un’analisi più attenta e meno di parte, la causa non è da ascrivere al quattro in matematica, che può essere sostituito dal “gravemente insufficiente” o da un’enigmatica “A” o da un generico “impreparato” oppure da un auto-giudizio, abilmente veicolato dall’insegnante.
Il voto o il giudizio sono meri strumenti, efficaci se universalmente leggibili e il più possibile oggettivi, che accompagneranno lo studente fino al Dottorato di ricerca, se mai, povero bimbo, ci arriverà!
In ogni caso, la valutazione, quale linea d’orizzonte del crescere e maturare, può mutare nel presentarsi ma va preservata proprio a favore del soggetto che, per la sua salute psichica, non può divenire misura di sé stesso.
All’esame di terza media conquistai un “Ottimo” e un “Distinto” e chiesi a cosa corrispondessero; quando insegnavo, non ho mai riscontrato nei genitori e negli allievi della secondaria di primo grado apprezzamenti per la mancanza dei voti in decimali, mentre noi docenti dovevamo arrabattarci su castelli di parole, riportati su schede in più copie, mentre un voto accompagnato da un sano colloquio con l’insegnante, avrebbe da subito chiarito un giudizio negativo e prolisso, il quale comunque, non sarebbe risultato più gradevole di un’insufficienza in decimi o di una sofferta ammissione di inadeguatezza.
Ma uno scarno esame di realtà pare oggi nuocere ai fanciulli così da esporli ad un narcisismo che non porterà a nulla.
Sovente, l’evitare frustrazioni e camuffare i limiti vengono spacciati come agevolanti dell’autostima ed è probabilmente anche per questo che numerosi studenti si perdono nei meandri universitari, perenni “fuori corso”, afflitti da insicurezza e inoperosità, incoraggiati dalla cultura dell’evitamento del confronto, prima di tutto con sé stessi.
L’autostima nasce e si coltiva dal concepimento in poi, attraverso i “voti” che il soggetto impara ad attribuirsi, grazie a quanto la relazione educativa si è resa palestra di esperienza, allenandolo a raggiungere congruenza tra la valutazione personale e il valore che altri gli assegnano, nella dialettica fra ideale e reale.
Così può nascere la capacità di autovalutarsi, senza demonizzare parole come “verifica” o “valutazione” che, se oggi fanno paura, non è per ciò che rappresentano ma per le valenze morali loro attribuite, secondo certi parametri educativi, le quali enfatizzano la competizione anziché riconoscere impegno e merito.
Nicolò A. Pisanu
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