(da LA STAMPA – a cura di Giovanna Favro) – Crescere `a pane e supereroi´ non rende i bambini `super buoni´, come i genitori potrebbero sperare. Coltivare troppo questa passione rischia di avere in poco tempo, nel giro di un anno, l’effetto opposto: amplificare l’aggressività sia fisica che relazionale, invece di sollecitare gli aspiranti `mini Superman´ a trasformarsi in difensori dei più deboli, portandoli a utilizzare i loro talenti per aiutare e proteggere gli altri, per esempio coetanei presi di mira dai bulli. È il cortocircuito scoperto da Sarah Coyne, professoressa della Brigham Young University che ha deciso di studiare cosa esattamente assimilano i ragazzi e le ragazze in età prescolare dall’esposizione alla cultura del supereroe. A quanto sembra non sono i tanti tratti positivi che brillano in questi personaggi. «Tanti bambini sono appassionati di supereroi e molti genitori pensano che questo possa aiutarli a imparare a essere gentili e carini con i loro coetanei, ma il nostro studio dimostra esattamente il contrario, che i bambini incrementano gli aspetti aggressivi, non gli atteggiamenti protettivi». Non viene dunque trasferito nella realtà di tutti i giorni l’insegnamento positivo. I fan dei supereroi, secondo quanto osservato dagli autori del lavoro pubblicato su `Journal of Abnormal Child Psychology´, non avevano maggiori probabilità di scendere in campo per salvare bambini bullizzati né di essere più pro-sociali.
Un possibile motivo per cui resta `impresso´ il comportamento violento e non quello pro-sociale dei supereroi, teorizza Coyne, è la complessità dei prodotti mediatici sul tema. Gran parte dei programmi non sono creati per i bambini in età prescolare, hanno trame complesse in cui si intrecciano violenza e comportamenti pro-sociali, eppure i piccoli li guardano frequentemente e a questa età non hanno la capacità cognitiva di scegliere il `messaggio morale più ampio´ che spesso viene lanciato. A questo si potrebbe aggiungere una ulteriore desensibilizzazione – una riduzione delle risposte cognitive ed emotive – che si è dimostrato essere associata al consumo di media violenti. Questa desensibilizzazione rispetto alle vittime di violenza sullo schermo di tv, pc o tablet, potrebbe correlarsi a una mancanza di empatia verso le vittime della vita reale, che si possono incontrare in un parco giochi o a scuola. Coyne ha sperimentato sulla sua pelle la pervasività della cultura dei supereroi, «impossibile da evitare in America», e non solo. La scienziata ha 3 figli, più uno in arrivo, e racconta che il bimbo di 3 anni ama Spiderman, si traveste e fa finta di sparare ragnatele, anche se non ha mai visto il film. «Il punto non è vietare i supereroi, che possono essere una parte divertente e magica dell’infanzia – conclude – Tuttavia l’esposizione può diventare intensa, soprattutto se i bambini guardano film, giocano con i giocattoli, si identificano fortemente con i personaggi e il loro stile. Si tratta di trovare un equilibrio e un modo di parlare dei supereroi che si concentri sugli aspetti positivi».
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